il D.lgs 20 giugno 2022 n. 104 ha introdotto con decorrenza dal 13.8.2022 nuovi obblighi informativi del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro e non solo, che hanno chiesto un cambiamento repentino nell’amministrazione del personale. Si parla di Decreto Trasparenza. Appunto in questo nuovo decreto al comma 1 lettera h dell’art. 4 si è sostituito la precedente disposizione di cui all’art. 1 del D.Lgs n. 152/1997, allorquando si affermava che la durata del periodo di prova, se previsto, andava inserito nel contratto di assunzione, e in più all’art. 7 del cd. Decreto Trasparenza si prevede l’inserimento di correttivi alla disciplina vigente, con disposizioni che da un lato ne sanciscono la effettività e dall’altro tendono sempre più a restringere l’operatività del datore di lavoro che vede rimpicciolirsi l’ambito di applicazione della clausola.
Il patto di prova non è obbligatorio. Il datore è tenuto alla sua comunicazione solo se previsto ( si veda art. 4 DLgs n. 104/2022), cosi anche l’obbligo di informare il lavoratore sul patto di prova è assolto mediante la consegna al lavoratore della lettera di assunzione redatta per iscritto e firmata dalle parti contenente appunto la clausola sul patto di prova.
Il tempo di prova è periodo determinato dalla contrattazione collettiva in cui le parti coinvolte cercano di comprendere la fattibilità delle prestazioni reciprocamente richieste, soltanto al termine di esso il rapporto diviene definitivo se il datore di lavoro non recede.
Il patto di prova è inseribile in ogni tipologia contrattuale relativa ai contratti di lavoro subordinato, per essere valido deve essere formulato per forma scritta e durante la sua efficacia il trattamento economico e normativo è lo stesso applicabile al dipendente nella sua regolamentazione ordinaria.
Vi sono dei nuovi limiti che l’art. 7 Dlgs, 104/2022 hai introdotto in ordine alla durata del periodo di prova che non può avere una durata superiore a sei mesi.
Il comma 2 dell’art. 7 afferma un principio secondo cui nei contratti a tempo determinato il periodo di prova va stabilito in misura proporzionale rispetto alla durata dele contratto ed alle mansioni da svolgere e in caso di rinnovo del contratto per lo svolgimento delle stesse mansioni, non può essere inserito nel contratto un nuovo periodo di prova.
Va da sé che non è possibile sottoporre ad un nuovo periodo di prova un lavoratore che viene riassunto con le stesse mansioni per un rapporto a termine. Una eventuale apposizione risulterebbe illegittima ed il rapporto sarebbe costituito senza prova sin dall’inizio.
Il comma 3 dell’art. 7 esprime poi un principio fondamentale: la prova deve essere effettiva. Ovvero la durata è prolungata in presenza di sopravvenienza di eventi quali malattia, infortunio, congedo per maternità o paternità obbligatori.
Il Legislatore ha inteso ricomprendere anche quegli eventi di assenza derivanti da altre cause, ad esempio una sospensione dell’attività con ricorso a cassa integrazione, o altre situazioni che impediscano materialmente di svolgere completamente i giorni di prova.
Queste regole valgono solo per i dipendenti privati e non per quelli pubblici il cui periodo di prova e la sua regolamentazione è specificamente prevista dall’art. 17 DPR 494/1987.
Il recesso durante il periodo di prova è previsto dall’art. 2096 c.c. che sancisce la libertà di recedere di ciascuna parte senza obbligo di preavviso o indennità e senza applicazione di alcuna tipizzazione in merito al legittimo recesso ex lege 604/1966.
Il datore di lavoro non è tenuto a motivare il recesso e in virtù di una propria discrezionalità che appare ampia e che il Legislatore gli riconosce. Sarà onere del lavoratore eventualmente in un ipotetico giudizio dimostrare che il recesso è stato determinato da un motivo illecito, o che la prova non si è svolta con modalità e termini adeguati.
Laddove il recesso sia stato intimato per presunto mancato superamento del periodo di prova laddove questo sia stato erroneamente considerato ( in maniera sbagliata) non ancora scaduto, ciò non dovrà essere regolamentato dall’art. 2096 cc, bensì trattato come licenziamento da assoggettarsi alla ordinaria verifica giudiziale circa la sussistenza di giusta causa o di giustificato motivo.
In ordine alle novità introdotte dal DL Trasparenza appunto, che ha coinvolto l’informativa da consegnarsi al momento dell’assunzione ad ogni lavoratore, e che ha approfittato per aggiungere e riformare anche il cd. periodo di prova, inserendo una durata massima di 6 mesi.
Entro detto delta di tempo, c’è discrezionalità del datore di lavoro anche in ottemperanza del CCNL applicato al Suo specifico contratto di liberamente indicare un periodo di prova più lungo rispetto a quello previsto da mansione ed inquadramento, a patto però che non superi i 6 mesi, e che rispetti tutte le condizioni di cui appunto all’art. 7 del D.Lgs 20.6.2022 n. 104.
È bene dunque leggere ed approfondire attentamente quanto contenuto nella informativa che dal 13.8.2022 deve essere sempre allegata ai contratti di lavoro.